12/01/16

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GERONIMO CICO CASARTELLI su www.gagarin-magazine.it. Carlo Muratori è, senza mezze misure, quanto di più veramente italiano sia rimasto nella musica del nostro paese. Un percorso di vera fatica artistica iniziato decenni addietro con i Cilliri e che ha conquistato vera eccellenza con alcuni degli album più belli pubblicati da noi dagli anni Novanta a oggi: Canti e incanti (1994), Stella Maris (1996), Plica Polonica (2000) e La padrona del giardino (2008), tutti lavori fatti di impegno, di ricerca, di coerenza e soprattutto, per fortuna, privi dell’effetto cartolina di molta musica folklorica contemporanea. E adesso con Sale tutto continua per quei sentieri che tanto hanno entusiasmato. Piccola comunicazione di servizio: pubblicato in Sicilia già lo scorso Dicembre, Sale in questi giorni arriva finalmente a pubblicazione su scala nazionale, principalmente attraverso librerie visto che il disco, in verità, è rilegato a forma di libro – e altrettanto ordinabile attraverso il sito dell’artista www.carlomuratori.it. A costo di spararla grossa – se Fabrizio De André in Sardegna ebbe le nuvole, Carlo Muratori in Sicilia ha il sale. Boutade o no, Sale è un disco che all’ascolto è importante, vuole essere importante – cerca la massimalizazione di tutto quello che è Carlo Muratori artista ossia siciliano e italiano, folk e cantautore, poeta e narratore, politico e sociale. In sostanza, è un lavoro dove non manca niente di quello che si attente da Carlo Muratori, il quale canta e suona di mare e di terra, di tradizioni religiose e di sincretismo, di contaminazioni che la sua Sicilia non ha mai rifiutato con, però, un piglio di cantautore che si rifà ai grandi non solo italiani, siano essi il già citato FDA, Ivano Fossati e Franco Battiato, giacché nella sua proposta non è difficile cogliere eco di terre lontane, come quella di Caetano Veloso, di Chico Buarque e di Gilberto Gil. Il disco, come già diversi fra quelli passati dell’artista ha una forma quasi concept, che appunto prende spunto dall’inevitabile connubio Sicilia/sale – un lento, affascinane viaggio in quindici tappe dove l’agiografia tenuta ben lontana, grazie anche alla perfetta produzione di Stefano Melone – un percorso fatto di sfumature, verrebbe quasi di dire di canti e di incanti se non lo avesse già detto proprio Muratori oltre vent’anni fa. A destare subito una certa sorpresa è la cover di Povera patria di Franco Battiato, tradotta liberamente in siciliano (Povira patria) e con appunto Battiato stesso ospite alla voce – testo attualizzato, musica che parte addirittura new wave e si apre in una melodia importante, molto importante, che accompagna allo splendido verso chiave dove si parla di sperare in «Un mondo che torni a quote più normali/Che possa contemplare il cielo e i fiori». Sempre grande emozione, quella di udire tale bellezza in versi e musica. Soddisfatto il desiderio di una grande rilettura di un brano rimarchevole, Muratori gioca al meglio le proprie possibilità nel resto del lavoro. Trovare i pezzi più belli è arduo – ma ascoltata D’amore e di pazienza ci si avvicina di molto: pochi versi di un’accorata lettera di desideri inappagati perché inappagabili, che l’autore spiega essere «messaggio a una donna, alla terra, al tempo e a quella frenesia che gli brucia dentro». A scavare fra Sale, si trova poi Mutu, numero di bell’afflato Fossati-ano, con arrangiamento prezioso dove spicca Daniele Sepe al sax e con liriche volutamente sospese fra omertà e rito d’iniziazione. Scavando ancor di più, s’incontra anche la splendida Jancu e finiósa, regressione della memoria all’età infantile, dove tutto fa impressione e resta indelebile nel tempo finché, d’un tratto, immaginiamo si faccia nostalgia. E prima d’essere accusati di fare gli spoiler di un disco che è bello scoprire da soli nelle proprie tante sfumature, un ultimo cenno per Gloria mia, pezzo di chiarissima ispirazione De André, tanto che fa capolino pure il polistruentista Mario Arcari, storico collaboratore di Faber e di Mauro Pagani – per citare Carlo Muratori stesso, canto «che ride e deride le false idolatrie» e canto che «è in attesa di un Tempo di Avvento».

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Sale
[novembre 2015]
 
La padrona del giardino
[marzo 2008]
 
Plica polonica
[gennaio 2001]
 
Stella maris
[aprile 1996]
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