STORIE DI POPOLO

 

Storie di popolo

 

La pubblicazione contiene due personalissime ri-elaborazioni di Carlo Muratori dei canti dei cantastori che narrano i terribili eventi del terremoto del 1693 e dell'Eruzione dell'Etna del 1689.

Trecento anni dopo gli eventi sismici che il 9 e 11 gennaio 1693 produssero la rovina delle città della Sicilia orientale e in particolare del Val di Noto, le ricerche di carattere urbanistico e architettonico tessute - in accordo con il pensiero di Braudel -, con gli aspetti etnologici ed antropologici del territorio, permettono di chiarire meglio la dimensione, gli effetti, e le ripercussioni dell'evento.

Il persistere, nella tradizione orale, del ricordo della tragedia, anche se - come sottolinea Luigi Lombardo - le catastrofi naturali o altre di natura socio-economica hanno sempre influenzato i canti e le "storie" del popolo siciliano, evidenzia i profondi mutamenti apportati dal terremoto ai ritmi della quotidianità..

Le città, distrutte "senza restar pietra su pietra", privarono le comunità di riconoscere, nei tessuti urbani di appartenenza e nelle evoluzioni stilistiche delle architetture civili e religiose, la stratificazione delle proprie esperienze storiche e culturali. Il 1693 è dunque un momento di frattura violentemente imposto e per questo ancora più difficile da cancellare, anzi da tramandare con nenie e canti per ridare entità ai luoghi della memoria. E'anche momento di riflessione e di confronto delle coscienze; di disperazione, di ruberie, di donazioni e di atti votivi ad effigi sacre che le "cronache" e i documenti del tempo registrano; di castigo - per la chiesa - a dimostrazione dell'ira divina. Nei canti popolari quest'aspetto, forse proprio per la difficoltà di spiegazione del fenomeno sismico e per la suggestione in esso implicito, trova ampia applicazione. Nei canti si citano i nomi di ogni città perduta, sottolineandone gli elementi strutturali, devozionali e sociali che nell'ambito territoriale le caratterizzavano: le sette "affacciati " di Lentini, il campanile e le "criesie " di Palazzolo, "Sam-mastiano" di Melilli, gli ori di Noto, l'ubicazione a "pendio " di Sortino, il castello di Modica. La necessità della sopravvivenza impose comunque la ricostruzione. Noto "resi li Meti a fabbricar! Raula (Avola) cala vasciu alla marina" recitano i versi di Tano Accaputu. I mutamenti di sito o la riedificazione progettata sul medesimo suolo portarono a soluzioni planimetriche diverse, ma gli elementi architettonici in sintonia con le forme del barocco europeo - rese più fluide dall ' influenza della tradizione classica - produssero nuovi ritmi spaziali in una visione di unicità stilistica. "Magister", "fabriceri", "intagliatori", - esperti conoscitori delle possibilità plastiche della pietra da taglio iblea -, attraverso un uso della decorazione variamente ispirata alla foglia d'acanto e ad una iconografia umana intrisa di teatralità, saranno artefici di una scenografica architettura voluta da committenze che se ne avvarranno per riaffermare i propri privilegi.

Le poesie continueranno a trasmettere il senso popolare dell'evento sismico vissuto come castigo divino e come penalizzazione dell 'avidità e della superbia. La raccolta offertaci da Luigi Lombardo è un riferimento culturale che permette, in questo trecentesimo anniversario del terremoto del 1693, una lettura degli eventi attraverso i documenti. La storia in poesia dialettale,.anche se inserita in un contesto surreale e leggendario, è testimonianza e documento i poeti siciliani, afferma il Pitrè, "cantano " solo i fatti a loro contemporanei di una realtà della quale si vuole trasmettere sia l'avvenimento quanto le suggestioni e i significati inconsci della collettività.

Francesca Gringeri Pantano



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