LE MIE PAROLE - IL MIO ARTICOLO

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Editoriale VIII num.pubblicato su: LE FATE | Agosto - Settembre 2013
Non ero ancora nato nell'agosto del 1953, quando nella mia Siracusa accaddero quegli strani avvenimenti della Lacrimazione. Il primo lontano ricordo è legato all’immagine di una strana Chiesa in piazza Euripide; una costruzione fatta di tubi Innocenti e senza pareti; da fuori, in mezzo a due strade rumorose e accanto al ponte della ferrovia, si potevano osservare i banchi e un quadretto di gesso sull'altare. Era per me un luogo inusuale, fuori dal tempo e dallo spazio; mi sembrava calato lì da due astronavi marziane che l'avessero posteggiato in attesa di altre destinazioni. Solo con gli anni seppi che era divenuto, in tutta fretta, il luogo di culto consacrato alla Madonna delle Lacrime; anzi chiamata con quel diminutivo che me la rendeva tanto simpatica, La Madonnina. Poi siamo cresciuti insieme, io e il Santuario, quello vero, quello ufficiale; anche se io mi sono fermato elegantemente ad una altezza più sobria, e andrò via prima, lui è venuto su vertiginosamente e forse eccessivamente. Una lacrima di cemento armato sparata in piena zona archeologica a ricordarci quanto sono piccoli gli uomini e talvolta anche certi prelati e architetti di fama mondiale. Anche davanti a quell'opera, confesso, pensai ai marziani. Comunque a qualcosa di sovrumano, come tutta la vicenda delle Lacrime della Madonna.
Ora sono trascorsi sessant'anni da quegli eventi. Un periodo abbastanza lungo per far decantare il prodigioso da alcune delle impurità emotive dettate dalla concitazione del momento, ma ancora troppo breve per riuscire a coglierne in pieno i significati morali, filosofici, antropologici, azzardando in ultimo anche una spiegazione lontanamente logica. Ma per questo forse i tempi non saranno mai abbastanza maturi. Un fatto è certo, però, e le documentazioni sono copiose: dal 29 agosto al primo settembre del ’53, per ben quattro giorni, nella stanza da letto dei coniugi Iannuso, in Via degli Orti al n.11, un quadretto di gesso del valore approssimativo di 5.000 lire, ricevuto come dono di nozze dalla coppia, stranamente e inspiegabilmente fuoriescono gocce di uno strano liquido dalle cavità orbitali. Sono molto simili alle lacrime, e le svariate analisi effettuate da tutti gli istituti di ricerca confermeranno che si tratta di secrezione lacrimale umana. A questo punto finisce il miracolo e iniziano le domande. Tante, diverse e tutte senza risposta. La Chiesa di allora, assimilando stranamente questo evento, che poteva essere percepito come di grande amore e consolazione, -non si capisce bene perché?- ad una terribile disgrazia, alla stregua di un terremoto, un’eruzione vulcanica, un violento nubifragio…, non si lasciò sfuggire la ghiotta occasione per il solito sermone in stile penitenziagite: “sono le vostre colpe, di voi peccatori, di voi gaudenti senza Dio, di voi libertini e fedifraghi, nonché ciechi elettori del partito comunista, sono i vostri peccati che fanno piangere la Madonna. A nessuno dei porporati che sia saltato in mente, neanche lontanamente, un mea culpa, così anche per par condicio. Ma la Chiesa si sa, ha il dono della fede e talvolta anche dello scaricabarile, ma per noi mortali, per noi peccatori, per noi disobbedienti ci dovrà pur essere un senso in quelle lacrime. Non è facile avere risposte; le lacrime di per se sono l’enigma umano più irrisolto e discusso della storia. Anche per i miei collaboratori, ai quali in questo numero ho proposto questo tema; alcuni lo hanno scambiato per la tristezza, la malinconia, altri per il contrario del riso. Io ci ho costruito su un recital, qualche canzone e tante parole; dopo sei mesi ne sono uscito a pezzi, in lacrime. Sporgersi sul bordo di un burrone è rischioso, c’è l’eventualità di essere attratti dal volo. Comunque sono stato felice di apprendere che il quadretto della Madonnina, da Via degli Orti fu traslato ufficialmente in quella chiesetta di ferro, l’anno appresso, la domenica mattina del 19 settembre. Pressappoco negli stessi attimi, qualche chilometro più in là, io piangevo per la prima volta nella mia vita.

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Rivista LE FATE

Sono stato coinvolto in questa avventura editoriale da Alina Catrinoiu, una ragazza rumena che ha scelto la Sicilia come sua patria d’elezione. Mi ha convinto dell’esigenza di mettere per iscritto e in buona grafia i nostri pensieri, i sogni, le visioni. Noi che, insieme a tanti altri, abbiamo deciso per la nostra Isola, non l’amore incondizionato, irrazionale, fanatico, nostalgico-folk, ma il rispetto per la memoria, il territorio, la cultura e le persone. Abbiamo messo insieme una squadra di donne e uomini (molte di più le donne, per la verità…qui c’è una quota azzurra che andrebbe sostenuta…), organizzati per macro-aree, la musica, l’arte, la letteratura, il cinema, la fotografia, la cultura d’impresa…e abbiamo dato forma grafica ai nostri desideri, alle nostre parole. Ho scelto il nome de Le Fate perché sono caratterialmente attratto dal mondo invisibile e dai suoi significati, e perché sono alla ricerca di quel mondo che a volte vedo distintamente. A volte appena sopra l’orizzonte, a volte sotto i nostri piedi. In ogni paese del mondo c’è un regno delle Fate, fra le pareti delle antiche caverne dimora di monaci bizantini…. o sulle ali delle farfalle che planano sulle zagare degli aranci in primavera; tra i labirinti di luce di un antica masseria con le finestre ferite dal vento o sulle lingue di fuoco che ardono nei rosari delle donne in preghiera. Nelle rime di una filastrocca urlata dai carusi per la strada, o nei sospiri di una ninna-nanna a una picciridda ccu l’occhi sbarati tanti che non vuole dormire Oggi le abbiamo dimenticate, ma non per questo Le Fate non esistono. Soltanto i sogni, talvolta, ne danno testimonianza. Nello stato di semi-coscienza tornano a popolare i nostri pensieri, ci consolano, leniscono le ferite del giorno con le loro carezze. Ma riappaiono anche ad occhi aperti, quando la fervida speranza nella nostra memoria le svela da un arcaico silenzio; e allora ecco che languide melodie si librano, se le sai ascoltare, intonate dal sospiro del loro volto pallido. Non aver paura, non aggrottare le tue ciglia, non porti inutili domande; accoglile senza remore. Loro sono delicate e molto discrete, potrebbero fuggire per non tornare mai più.

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