LE MIE PAROLE - IL MIO ARTICOLO

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Parlar e lagrimar vedrai insiemepubblicato su: LE FATE | Agosto - Settembre 2013
Saprai,ch’ombra adorata,a me d’accanto,
Ti riveggio pur sempre o sogno o scrivo,
E più che il labro tuo trovo il tuo pianto.
Mariannina Coffa (Noto 1841-1878)
Il sapore delle lacrime è l’esatta percezione del gusto dell’amore, la sua migliore sintesi, la descrizione più appropriata. Dell’amore desiderato, donato, consumato, perduto, tradito, incompreso. Quelle parole liquide, mai proferite, per paura, rabbia, immensa gioia o straziante dolore, si condensano a delineare sul volto i limiti e la grandezza della condizione umana.
Preziose stille dell’anima, esse grondano laddove la ragione e il comune senso della logica devono soccombere, sconfitti, muti di risposte, ciechi di idee; brancolando nel buio fitto del mistero o accecati dall’unico vero e impronunciabile senso della vita. Attraverso la fugace rifrazione di una lacrima che non appanna la vista, chè anzi potenzia quasi fosse una lente magica, possiamo intravedere chiaramente l’invisibile; addirittura Dio e tutto ciò che da Lui promana. Infrangendo tutte le leggi della fisica, le lacrime che bagnano la terra, in effetti ascendono verso il cielo; ci schiudono le porte dell’immenso e ci legano al più alto degli ideali. I bambini e i vecchi propendono maggiormente per il pianto. Loro che attraversano i confini temporanei dell’esistenza avvertono, più di tutti gli altri, i richiami dell’origine e della loro destinazione; oramai, o ancora, a corto di parole comunicano con i linguaggi universali delle emozioni.
Non ha primati il pianto; non seleziona classi sociali, livelli culturali ed etici. Piange Achille sul corpo di Patroclo e Priamo bagna i piedi di Achille; piangono Alessandro Magno, Serse, Giulio Cesare. Il re o il santo si riconoscono nelle lacrime e grazie alle lacrime. Pure il Signore, il Figlio dell’Uomo Gesù, piange, Dominus flevit sulle sorti della città di Gerusalemme: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. Luca 19,41-44. Piange ancora Gesù sulla tomba di Lazzaro, costringendo il padre della Chiesa Ambrogio alla famosa considerazione “Flevisse lego, risisse numquam” ("Leggo che egli ha pianto, mai che abbia riso"); quasi che il ridere non sia degno di un Dio, quantomeno di una ispirata notazione biblica. “Un sorriso può aggiungere un filo alla trama brevissima della vita; ma ogni lagrima insegna ai mortali una verità” U.Foscolo. Quand’anche fossero l’esplosione di una grandissima gioia. Il popolo siciliano, in quel caso, asciuga le preziose gocce con un fazzoletto di puro lino ricamato, che poi conserva gelosamente nei segreti anfratti di corrosi cassettoni, come una reliquia.
Lacrime come chicchi di grano da trasformare in pane, Ccu li lacrimi mei fazzu ‘n mulinu, ccu li lacrimi mei l’hè macinari; come preziose gocce di fertilità Ccu li lacrimi mei fazzu ‘n jardinu, ccu li lacrimi mei l’hè brivirari. E ancora lacrime che gonfiano il mare Di li lacrimi mei lu munnu è chinu, ccu li lacrimi mei crisci lu mari; lacrime di spartenza, dolore e speranza Persi l’amanti miu di l’oru finu, ccu li lacrimi mei l’agghiu a truvari.
Se potessimo raccogliere tutte le lacrime versate per amore, si formerebbe il più grande fiume della terra. Chissà che da qualche parte questo fiume non scorra già; e che tutto il nostro vivere non sia che un nuotarci dentro, con la gioia e dolore che ci è toccato in sorte. Solo ai più fortunati è dato trattenere sugli occhi il brillare di quelle gocce; gli altri, gli impermeabili, i duri, si portano dentro il petto solo un’enorme lastra di ghiaccio.

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Rivista LE FATE

Sono stato coinvolto in questa avventura editoriale da Alina Catrinoiu, una ragazza rumena che ha scelto la Sicilia come sua patria d’elezione. Mi ha convinto dell’esigenza di mettere per iscritto e in buona grafia i nostri pensieri, i sogni, le visioni. Noi che, insieme a tanti altri, abbiamo deciso per la nostra Isola, non l’amore incondizionato, irrazionale, fanatico, nostalgico-folk, ma il rispetto per la memoria, il territorio, la cultura e le persone. Abbiamo messo insieme una squadra di donne e uomini (molte di più le donne, per la verità…qui c’è una quota azzurra che andrebbe sostenuta…), organizzati per macro-aree, la musica, l’arte, la letteratura, il cinema, la fotografia, la cultura d’impresa…e abbiamo dato forma grafica ai nostri desideri, alle nostre parole. Ho scelto il nome de Le Fate perché sono caratterialmente attratto dal mondo invisibile e dai suoi significati, e perché sono alla ricerca di quel mondo che a volte vedo distintamente. A volte appena sopra l’orizzonte, a volte sotto i nostri piedi. In ogni paese del mondo c’è un regno delle Fate, fra le pareti delle antiche caverne dimora di monaci bizantini…. o sulle ali delle farfalle che planano sulle zagare degli aranci in primavera; tra i labirinti di luce di un antica masseria con le finestre ferite dal vento o sulle lingue di fuoco che ardono nei rosari delle donne in preghiera. Nelle rime di una filastrocca urlata dai carusi per la strada, o nei sospiri di una ninna-nanna a una picciridda ccu l’occhi sbarati tanti che non vuole dormire Oggi le abbiamo dimenticate, ma non per questo Le Fate non esistono. Soltanto i sogni, talvolta, ne danno testimonianza. Nello stato di semi-coscienza tornano a popolare i nostri pensieri, ci consolano, leniscono le ferite del giorno con le loro carezze. Ma riappaiono anche ad occhi aperti, quando la fervida speranza nella nostra memoria le svela da un arcaico silenzio; e allora ecco che languide melodie si librano, se le sai ascoltare, intonate dal sospiro del loro volto pallido. Non aver paura, non aggrottare le tue ciglia, non porti inutili domande; accoglile senza remore. Loro sono delicate e molto discrete, potrebbero fuggire per non tornare mai più.

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